"Se il presidente dell'Inps non è d'accordo su niente delle linee politiche del governo, si dimetta". Erano da poco passate le 15 quando da Mosca il vice premier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini, lasciava partire una bordata sul numero uno dell'Istituto nazionale di previdenza. Interrogato in relazione alle polemiche sulle stime di fonte Inps relative agli effetti delle disposizioni relative ai contratti di lavoro contenuti nel Decreto Dignità (8.000 posti di lavoro in meno all'anno), Salvini come suo solito parlava in maniera esplicita:
"Non so se qualcuno dalla sera alla mattina ha tolto dei numeri o aggiunto dei numeri" – ha detto il vice premier parlando alla stampa prima di andare allo stadio per la finale dei Mondiali – so che è un decreto che mira a creare nuovi posti di lavoro e so per certo che ci sono alcuni organismi, penso all'Inps, con cui non ho da fare polemiche personali, perché non mi interessano, che però hanno una visione della realtà che è assolutamente lontana da quella degli italiani, da quella del mondo del lavoro, del mondo delle pensioni".
Una polemica non nuova
La polemica tra i due non è nuova e anche nelle ultime settimane ha registrato nuovi capitoli. Il tema, come noto, è quello dei migranti. Ma ora si aggiunge la questione contratti a termine legata al Decreto Dignità. Ha detto Salvini nel punto stampa con i giornalisti italiani: "Quando il presidente dell'Inps continua a dire che la legge Fornero non si tocca, gli immigrati ci servono, perché ci pagano le pensioni, questo decreto crea disoccupazione, in un mondo normale se non sei d'accordo con niente delle linee politiche, economiche e culturali di un governo e tu rappresenti politicamente, perché il presidente dell'Inps fa politica, un altro modo di vedere il futuro, ti dimetti". "Così non è, va beh, noi siamo al governo e mi dispiace per chi ha perso le elezioni", ha poi concluso.
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Il presidente #Inps, nominato da #Renzi, continua a ripetere che la legge #Fornero non si può toccare e che gli immigrati pagano le pensioni degli italiani.
Io penso che sbagli e che si dovrebbe dimettere.— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 15 luglio 2018
Un attacco frontale, a cui Boeri, tempo due ore, ha subito risposto, apparentemente non rivolgendosi al ministro dell'Interno che ne ha chiesto le dimissioni, ma a quelli del Lavoro e dell'Economia: "Le dichiarazioni contenute nella nota congiunta dei ministri Tria e Di Maio rivolgono un attacco senza precedenti alla credibilità di due istituzioni nevralgiche per la tenuta dei conti pubblici nel nostro paese e in grado di offrire supporto informativo alle scelte del Parlamento e all'opinione pubblica.
Nel mirino l'Inps, reo di avere trasmesso una relazione 'priva di basi scientifiche' e, di fatto, anche la stessa Ragioneria generale dello Stato che ha bollinato una relazione tecnica che riprende in toto le stime dell'Inps".
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"Quanto al merito – chiarisce Boeri – siamo ai limiti del negazionismo economico. Il provvedimento comporta un innalzamento del costo del lavoro per i contratti a tempo determinato e un aumento dei costi in caso di interruzione del rapporto di lavoro per i contratti a tempo indeterminato. In presenza di un inasprimento del costo del lavoro complessivo, l'evidenza empirica e la teoria economica prevedono unanimemente un impatto negativo sulla domanda di lavoro. In un'economia con disoccupazione elevata, questo significa riduzione dell'occupazione. È difficile stabilire l'entità di questo impatto, ma il suo segno negativo è fuori discussione".
Cosa ha risposto Boeri a Tria e Di Maio:
"La stima dell'Inps è relativamente ottimistica. Prevede che il 10% dei contratti a tempo determinato che arrivano a 24 mesi di durata non vengano trasformati in altri contratti, ma diano luogo a flussi verso la disoccupazione riassorbiti al termine della durata della Naspi. Non si contemplano aggravi occupazionali legati alle causali. In termini assoluti l'effetto è trascurabile: si tratta dello 0,05% dell'occupazione alle dipendenze in Italia".
"Da notare che l'effetto, contrariamente a quanto riportato da alcuni quotidiani, non è cumulativo. In altre parole il numero totale non eccede mai le 8.000 unità in ogni anno di orizzonte delle stime. Se l'obiettivo del provvedimento era quello di garantire maggiore stabilità al lavoro e più alta produttività in futuro al prezzo di un piccolo effetto iniziale di riduzione dell'occupazione, queste stime non devono certo spaventare".
"Spaventa questa campagna contro chi cerca di porre su basi oggettive il confronto pubblico. Consapevoli dell'incertezza che circonda le stime svolgeremo, come sempre, il monitoraggio attento, che peraltro la legge ci richiede. Ma sin d'ora, di fronte a questi nuovi attacchi non posso che ribadire che i dati non si fanno intimidire".
Il caso del monitoraggio dell'Inps
In mattinata i due ministri Tria e Di Maio avevano diffuso una nota congiunta: "Il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, non ha mai accusato né il Ministero dell’Economia e delle Finanze né la Ragioneria Generale dello Stato di alcun intervento nella predisposizione della relazione tecnica al dl dignità. Certamente, però, bisogna capire da dove provenga quella 'manina' che, si ribadisce, non va ricercata nell’ambito del Mef.
Quanto al merito della relazione tecnica, il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ritiene che le stime di fonte Inps sugli effetti delle disposizioni relative ai contratti di lavoro contenute nel decreto siano prive di basi scientifiche e in quanto tali discutibili".
Sabato Di Maio aveva commentato in un video su Facebook, l'ipotesi di una contrazione dei posti di lavoro con il dl dignità: "Nella relazione" al decreto dignità "c'è scritto che farà perdere 8 mila posti di lavoro in un anno. Quel numero, che per me non ha alcuna validità, è apparso la notte prima che il dl venisse inviato al Quirinale. Non è un numero messo dai miei ministeri o altri ministri". La verità è che "questo decreto dignità ha contro lobby di tutti i tipi".
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Ogni tre mesi l'Inps monitorerà l'andamento delle nuove norme sul lavoro contenute nel decreto dignità per verificarne l'impatto economico, stabilisce l'articolo 14 del Decreto Dignità relativo alle coperture. Peccato che questo monitoraggio era assente nelle prime bozze del provvedimento ed è stato aggiunto nella versione definitiva rilasciata dalla Ragioneria generale dello Stato.
"Al fine di garantire la neutralità sui saldi di finanza pubblica, l'Istituto nazionale di previdenza sociale provvede al monitoraggio trimestrale delle maggiori spese e delle minori entrate di cui all'articolo 1 e 2 – si legge – e comunica le relative risultanze al ministero del Lavoro e al ministero dell'Economia entro il mese successivo al trimestre di riferimento anche ai fini dell'adozione delle eventuali iniziative da intraprendere".
Certo, la pressione del governo sull'Inps e sul suo presidente non erano mai arrivate a questi livelli. Tre ministri contro di lui su due questioni caldissime, migranti e contratti a termine. Cosa succederà ora?