Il discorso di Powell delude Trump e i mercati

Nessuna svolta epocale, nessuna indicazione chiara sul futuro del tassi Usa, molta prudenza: il discorso del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, al simposio di Jackson Hole ha finito ancora una volta per deludere Casa Bianca e mercati. L’istituto centrale statunitense, si è limitato a dire il numero uno della Fed, agirà “in modo appropriato” per sostenere il mantenimento dell’espansione economica del Paese.

Troppo poco per analisti e investitori e, soprattutto, per Donald Trump, irritato anche dai ripetuti rimandi alla guerra commerciale come causa principale del rallentamento economico globale. “Ho solo una domanda: chi è il nostro piu’ grande nemico, Jay Powell o il presidente Xi?”, ha twittato il tycoon che ha accusato la Fed di “non fare niente, come al solito”.

Anche Wall Street ha bocciato l’intervento del numero uno della Riserva federale, che ha peraltro inserito “la dissoluzione del governo italiano” tra i più recenti fattori di rischio geopolitico assieme agli scontri a Hong Kong e la possibilità di una ‘Hard Brexit‘. Dopo un’iniziale reazione positiva, tra gli investitori ha prevalso la delusione per un discorso che nulla ha chiarito sulla prossime scelte dell’istituto centrale a stelle e strisce e nulla ha aggiunto sulla possibilità di ulteriori tagli al costo del denaro e l’introduzione di nuovi stimoli economici. La recrudescenza della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina ha fatto il resto e il Dow Jones è arrivato a perdere oltre il 2%.

Il discorso di Powell è parso soprattutto non voler concedere niente alle pressioni di Trump che, a più riprese, ha chiesto un atteggiamento più coraggioso, arrivando a invocare un taglio di almeno 100 punti base dei tassi sui Fed Funds. E la secca sottolineatura dei rischi legati alle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina è apparsa quasi una critica diretta all’approccio scelto da Trump con Pechino.

Powell non ha mancato neanche di rilevare che “le prospettive per l’economia statunitensi dall’inizio dell’anno continuano a mantenersi favorevoli”. La sfida, ed è il massimo che ha concesso a chi si attendeva una chiara indicazione in direzione dell’allentamento, “è fare tutto ciò che la politica monetaria può fare per sostenere l’espansione in modo che i benefici di un forte mercato del lavoro si estendano maggiormente a quanti sono rimasti indietro e che l’inflazione si attesti stabilmente attorno al 2%”. Piatto troppo magro per saziare l’attesa degli investitori. 

Agi