C'è una classifica che annualmente racconta lo stato di digitalizzazione dei Paesi dell'Unione europea. Lo fa dal 2014. La cosideriamo una classifica che riguarda Internet, il digitale, le nuove tecnologie. Ma se la leggiamo bene ci racconta molto di più. Dentro c'è una fotografia delle nazioni dell'Europa a 28. E dell'Italia. Dei suoi cittadini, delle loro abitudini, della loro capacità di abbracciare il cambiamento. Ci racconta della sua economia. Come innova, quanto. Ci racconta chi guarda al futuro, e chi continua ad averne paura.
La classifica è data dall'Indice Desi (Digital Economic and Society Index). E l'Italia nel 2016 è rimasta al 25esimo posto. Stessa posizione dello scorso anno. E sempre fanalino di coda, davanti solo alla Grecia, alla Romania e alla Bulgaria. E' rimasta lì nonostante siano stati registrati buoni cambiamenti sulle infrastrutture, nella pubblica amministrazione, in alcune fasi della produzione di beni e servizi, un po' più digitali. Cambiamenti che non bastano a colmare la distanza con gli altri Paesi. Che corrono, come corre l'Italia, ma di più.
Dove l'Italia è migliorata nella digitalizzazione?
I parametri dell'indice Desi sono 5. Riguardano:
- Connettività
- Capitale Umano
- Uso di Internet
- Integrazione dei servizi digitali
- Servizi pubblici digitali
1. Connettività
E' il primo parametro e riguarda gli aspetti infrastrutturali. Stando ai dati Desi, l'Italia ha compiuto progressi significativi grazie soprattutto al forte aumento della copertura delle reti a fibra ottica (23° posto dal 27° di un anno fa). Ma la diffusione della banda larga fissa è ancora bassa (25° posto), nonostante i prezzi siano diminuiti (rank 9, tra i più competitivi in Europa). E' il primo parametro dove emerge chiaramente il problema principale dell'Italia oggi. Il gap culturale. Anche se le infrastrutture tecnologiche migliorano, sono poco usate.
"Da sociologo mi sono occupato spesso di questo aspetto e la cosa più inquietante che è emersa durante alcune ricerche è che agli italiani pare che Internet non interessi come strumento di crescita economica o di semplificazione di alcuni aspetti del quotidiano. Non lo conoscono. E pare continuino a ignorarne le potenzialità", dice Gianni Dominici, direttore di Forum PA, commentando questo dato.
2. Capitale umano
Se nel primo indicatore il problema del gap culturale era accennato, qui emerge in tutta la sua potenza. Gli utenti di internet in Italia aumentano, è vero, ma sono tra gli utlimi in Europa per competenze digitali. Anzi, da questo punto di vista siamo peggiorati (da 24° a 25°). Perché negli altri Paesi le competenze digitali stanno diventando più radicate che da noi.
"Quello del gap culturale dell'Italia è il problema vero. Il ritardo culturale è il più difficile da colmare e si riflette nel basso numero di laureati in materie tecniche e scientifiche. I dati Desi fotografano un Paese che ha molta difficoltà ad abbracciare l'innovazione", spiega Roberto Viola, direttore generale di Dg Connect, organo della Commissione europea per lo sviluppo del mercato digitale unico europeo, "mancano i laureati in materie scientifiche, siamo molto indietro a Paesi come la Spagna che stanno correndo tantissimo. E se perdiamo terreno su questo punto c'è poco da fare".
3. Uso di Internet
Qui le cose, se possibile, peggiorano. Siamo penultimi, e senza appello. Le attività online effettuate dagli internauti italiani sono di molto inferiori alla media dell'UE. L'Italia si colloca al 27° posto. Male nella fruizione delle notizie online (gli italiani leggono poco), male nell'utilizzo dell'home banking (i servizi online delle banche), male per gli acquisti online. Bene solo i social network, ma comunque al di sotto della media Europea.
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"L'indice Desi è fondamentale, ma non perché racconta la diffusione della tecnologia in un Paese. Il suo valore sta nel fatto di farci capire come l'Italia sta evolvendo dal punto di visto economico, culturale e sociale. E purtroppo anche quest'anno non ne siamo usciti per niente bene", spiega Dominici. "Gli italiani continuano a non capire il valore del digitale e come può aiutarli a migliorare alcuni aspetti del quotidiano, come pagare le bollette, i servizi finanziari, gli acquisti".
4. Integrazione delle tecnologie digitali
Forse il migliore punteggio in assoluto per l'Italia. Riguarda la digitalizzazione delle imprese e il Paese sta colmando le differenze con l'Europa in questo settore più che in altri. E con ottimi risultati. Le imprese che utilizzano la fatturazione elettronica sono il 30%, percentuale di molto superiore alla media dell'UE (18%).
Le PMI tuttavia ricorrono raramente ai canali di vendita elettronici (e-commerce). Il dato lo spiega bene Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, che racconta come si stia avviando con successo "un percorso lungo e complesso. L'Italia sta ridisegnando con il digitale l'economia del Paese. Serve la spinta dei vertici, delle grandi industrie, e delle istituzioni. E' uno sforzo sistemico enorme che è necessario fare. Stiamo incontrando molte piccole e medie imprese per raccontare le potenzialità del digitale offerte dal Piano Industria 4.0."
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Un'operazione che sta contribuendo a digitalizzare la base produttiva del Paese. "Molte di loro si meravigliano quando spieghiamo le potenzialità dell'e-commerce (dove l'Italia ha perso posizioni in classifica rispetto agli altri Paesi europei, ndr), del disegno digitale per i prodotti industriali", conclude Catania. "La vera forza della piccola e media impresa in Italia è stata sempre la sua capacità di inventiva. E può aumentare con il digitale. Portare l'innovazione nelle pmi e nei distretti industriali è una sfida enorme, ma credo sia l'unica via italiana alla digitalizzazione".
5. Servizi Pubblici digitali
Inseriamo in questo indice il successo maggiore di questa classifica. L'utilizzo della fatturazione elettronica. Perché muove proprio da una scelta, quella dell'Agenzia per l'Italia Digitale, di usarlo come unico mezzo di fatturazione per le aziende che lavorano con la Pubblica amministrazione. In realtà però in questo indice l'Italia registra buoni risultati per quanto riguarda l'erogazione online dei servizi pubblici (completamento di servizi online) e i dati aperti (open data).
Eppure presenta uno dei livelli più bassi di utilizzo dei servizi di e-government in Europa. Se i servizi pubblici digitali ancora stentano, l'Italia è al top per la diffusione della cultura dei dati aperti.
L'incredibile successo della fattura elettronica, spiegato
Abbiamo detto che è il maggiore successo dell'Italia in questa classifica. Siamo quinti. Quasi sul podio, per decimali. Il motivo è nella scelta di obbligare le aziende che lavorano con la pubblica amministrazione a fatturare per via telematica. Il direttore di Agid, Antonio Samaritani, spiega il motivo del successo e perché potrebbe diventare una prassi consueta per forzare la digitalizzazione del Paese.
"Lo switch off completo ci ha portato a questo risultato: è vero e non possiamo non tenere in considerazione questo aspetto. Ma da solo, introdurre l’obbligo di fatturazione elettronica non basta: quello che è servito è creare anche delle piattaforme di facile utilizzo che aiutino le persone a capire che in effetti con gli strumenti digitali rappresentino una semplificazione".
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Lo stesso sarà fatto quest'anno per Spid e pagamenti digitali. "Per similitudine stiamo facendo lo stesso nel 2017, quando introdurremo l’obbligo per l'identità digitale (Spid, ndr) e i pagamenti digitali alla pubblica amministrazione. Sono convinto che la prossima classifica Desi premierà anche questa azione”.
Perché l'Italia oggi si trova a dover recuperare un gap tecnologico
Per capirlo dobbiamo considerare due aspetti.
Uno è macroenomico. Dalla classifica si vede chiaramente che i Paesi che stanno facendo meglio con il digitale sono anche quelli che sono usciti prima e meglio dalla crisi come Germania, Francia e Spagna. "Il motivo è che crescita economica e crescita della diffusione del digitale sono aspetti di uno stesso fenomeno. Crescono di più i Paesi che investono in innovazione e che hanno aziende che investono in ricerca e sviluppo", spiega Roberto Viola. Il digitale è una rivoluzione che sta attraversando l'industria, costretta a ripensarsi. Ma senza investimenti e un'operazione forte delle istituzioni e dei rappresentanti degli industriali, come ha spiegato Catani, poco si può fare.
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Il secondo è più infrastrutturale. "L'Italia sconta anche un 'peccato originale' sui ritardi del digitale, dovuto alla mancanza delle infrastrutture della televisione via cavo – spiega ancora Viola – quelle che poi negli altri Paesi sono diventate il mezzo di diffusione di Internet veloce. In Italia il predominio della tv via etere lo scontiamo ancora oggi". Una serie di ritardi, di cui è stata complice la miopia di molti governi degli ultimi 20 anni, che oggi sta esplodendo. Con ripercussioni sulla società, sulla sua capacità di capire, accettare, abbracciare il cambiamento tecnologico. Una resposabilità politica, nel suo senso più ampio e nobile.