Sono 16,4 milioni gli italiani convinti che cambieranno in maniera permanente le proprie abitudini di acquisto in seguito all’epidemia di Coronavirus e soprattutto in conseguenza alla percezione del rischio di contagio.
È quanto emerge dal nuovo report realizzato dalla società di consulenza globale Alvarez & Marsal in collaborazione con Retail Economics e basato su un campione di 6,000 consumatori appartenenti a 6 paesi europei: Italia, Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Svizzera.
Ma come devono essere letti questi dati? “I consumatori Italiani e Spagnoli sono molto più preoccupati dei loro omologhi Nord Europei – dice Alberto Franzone, managing director di Alvarez & Marsal – sia sulle loro disponibilità finanziarie, sia sul mantenimento del posto di lavoro. Questo ha comportato un drastico taglio di tutti i consumi giudicati non essenziali”.
Per cosa hanno continuato a spendere gli italiani
Gli italiani, infatti, hanno continuato a spendere solo per il cibo (+15%) mentre hanno decurtato tutte le altre categorie d’acquisto: giù del 75% vestiti e scarpe, -50% per i mobili, -20% libri e giornali: hanno resistito solo i consumi di quei prodotti legati al maggior tempo trascorso tra le mura domestiche, come ad esempio elettronica di consumo, pc portatili o attrezzature per la ginnastica in casa.
Sul versante del digitale l’Italia e la Spagna soffrivano di un notevole ritardo negli acquisti on line, rispetto ai paesi del Nord Europa: la percentuale sul totale è pari soltanto al 6.3% e 5.4% rispettivamente, confrontati con il 20.4% del Regno Unito e l’11.7% della Germania. “In Italia la pandemia ha accelerato la transizione, con 1 miliardo di euro di maggiori acquisti on line previsti nel 2020 – proseguono da Alvarez & Marsal – del campione di consumatori intervistati, ben il 55% ha dichiarato di aver fatto acquisti su Internet per la prima volta durante questo periodo”.
Cosa cercano i consumatori
Nel post-pandemia i bisogni dei consumatori sono mutati, ma cosa cercano oggi le persone durante la loro esperienza di acquisto? “Il primo rilevante aspetto è la ricerca di sicurezza – risponde Franzone – devono essere garantite le condizioni igieniche, con priorità anche su convenienza di prezzo, qualità e ampiezza di scelta”.
E in questo cambiamento d’approccio l’età non rappresenta un elemento secondario, secondo il managing director della società di consulenza globale “i consumatori hanno approcci all’acquisto molto diversi : i gruppi di consumatori più giovani (ad esempio Gen Z e Millennial) apprezzano ancora molto l’esperienza fisica in negozio, utilizzato per scoprire prodotti di nicchia e poi condividerli sui social.
Per i consumatori più anziani che ancora apprezzano l’interazione interpersonale durante lo shopping, un’esperienza più impersonale (ad esempio un assistente che indossa una maschera) potrebbe rivelarsi più problematica. Questo è un ulteriore elemento che potrebbe dare ancora più spinta al passaggio agli acquisti online”.
Cosa fare delle giacenze?
Un passaggio che appare sempre più fluido, dove i confini tra store online e store offline sono sempre meno definiti “Questo percorso era sicuramente già in atto – commenta Franzone – con la diffusione del cosiddetto omnichannel, e l’utilizzo di piattaforme come Farfetch che utilizzano le giacenze e le logistiche dei negozi fisici. Sicuramente la digitalizzazione farà ulteriori grandi progressi, a partire da un maggior utilizzo della realtà aumentata per migliorare la customer experience, fino all’utilizzo dei data analytics e di sistemi di CRM per meglio conoscere le esigenze del consumatore e migliorare la sua esperienza in negozio”.
Ora non resta che domandarsi se esiste una “ricetta”, un indirizzo per i retailer che oggi si trovano davanti al cambiamento “Senza dubbio i retailer devono rinegoziare i contratti di affitto, indicizzandoli ai corrispettivi (come è successo in Gran Bretagna con un utilizzo enorme delle procedure di CVA – Company Voluntary Arrangement) – affermano da Alvarez & Marsal – devono poi ripensare gli spazi, e conseguentemente l’offerta di prodotto, per adeguarla alla minore disponibilità sugli scaffali. Devono adeguare l’esperienza in negozio (il “cerimoniale di vendita”), anche attraverso nuovi strumenti tecnologici (disponibilità di magazzino su tablet) e attraverso strumenti di realtà aumentata. Infine devono conoscere meglio le esigenze e i comportamenti della loro clientela: in questo contesto l’utilizzo di sistemi di CRM e Big Data diventerà decisivo”.