Così le nuove regole Ue cambiano i social e le piattaforme di ecommerce

AGI – Saranno vietati gli annunci mirati ai minori, così come quelli indirizzati agli utenti in base al loro sesso, all’etnia di appartenenza o all’orientamento sessuale. Saranno messe al bando le tecniche ingannevoli che le aziende usano per spingere le persone a fare cose che non avevano intenzione di fare, come la sottoscrizione facilitata di servizi difficili da rifiutare. Non solo. Per dimostrare che stanno facendo progressi nel limitare queste pratiche, le aziende tecnologiche dovranno effettuare valutazioni annuali del rischio delle loro piattaforme.

Le Big Tech dovranno anche disporre di personale adeguato per gestire la moderazione dei contenuti perché gli utenti avranno il diritto di presentare reclami nella propria lingua. Per contenuti si intende inserzioni commerciali ma anche post dei singoli utenti. E chi non rispetta le regole rischia sanzioni fino al 6% del fatturato globale o addirittura il divieto di operare nel mercato unico dell’UE in caso di ripetute gravi violazioni. 

Sono solo alcune delle conseguenze del Digital Services Act (o DSA), il disegno di legge dell’UE che impone alle Big Tech (molte delle sue disposizioni si applicano alle piattaforme che hanno più di 45 milioni di utenti nell’Unione Europea, piattaforme come Facebook, la controllata di Google YouTube, Twitter e TikTok raggiungerebbero tale soglia e sarebbero soggette ai nuovi obblighi) una maggiore responsabilità sui contenuti illegali o nocivi che circolano sulle loro piattaforme e include misure contro la disinformazione online: questo regolamento è stato pensato per combattere le fake news.

Prima mondiale in termini di regolamentazione digitale

“Questo regolamento – fa sapere la Commissione UE – unico nel suo genere, costringerà piattaforme come Facebook, YouTube o Twitter a moderare i contenuti che ospitano. La DSA è una prima mondiale in termini di regolamentazione digitale. Il testo consacra il principio che ciò che è illegale offline deve essere illegale anche online. Mira a proteggere lo spazio digitale dalla diffusione di contenuti illegali e a garantire la tutela dei diritti fondamentali degli utenti”.

In sintesi il testo vuole consacrare il principio che ciò che è illegale offline deve essere illegale anche online e mira a proteggere lo spazio digitale dalla diffusione di contenuti illegali e a garantire la tutela dei diritti fondamentali degli utenti. 

Che cosa succederà sui social

Stop ai dark patterns. In particolare, la proposta di legge sancisce che la pubblicità mirata basata sulla religione, l’orientamento sessuale o l’etnia di un individuo è vietata.

Anche i minori non possono essere oggetto di pubblicità mirata. Le interfacce utente confuse o ingannevoli (i cosiddetti dark patterns) progettate per guidare gli utenti a fare determinate scelte saranno vietate. L’Ue ha stabilito che annullare gli abbonamenti deve essere facile come registrarli.

Le grandi piattaforme online come Facebook dovranno poi rendere trasparente agli utenti il funzionamento dei loro algoritmi di raccomandazione (ad esempio utilizzati per ordinare i contenuti nel feed di notizie o suggerire programmi su Netflix).

Cambia la profilazione e il feed. Agli utenti deve anche essere offerto un sistema di raccomandazione “non basato sulla profilazione”. Nel caso di Instagram, ad esempio, ciò significherebbe un feed cronologico (come introdotto di recente). I servizi di hosting e le piattaforme online dovranno spiegare chiaramente perché hanno rimosso i contenuti illegali, oltre a dare agli utenti la possibilità di presentare ricorso contro tali rimozioni.

Contenuti illegali. Il nuovo regolamento prevede l’obbligo di rimuovere “prontamente” eventuali contenuti illegali o nocivi o che circolano sulle loro piattaforme (secondo le leggi nazionali ed europee) non appena una piattaforma ne viene a conoscenza. Costringe poi i social network a sospendere gli utenti che “spesso” violano la legge. 

Fornire i dati. Le grandi piattaforme online dovranno fornire dati chiave ai ricercatori per “fornire maggiori informazioni su come si evolvono i rischi online”. I mercati online devono conservare le informazioni di base sui commercianti sulla loro piattaforma per rintracciare le persone che vendono beni o servizi illegali. Le grandi piattaforme dovranno anche introdurre nuove strategie per affrontare la disinformazione durante le crisi.

Cosa cambia per l’ecommerce

Nel DSA è contenuto anche un importante aggiornamento sulla direttiva delle piattaforme di ecommerce, nata 20 anni fa quando le piattaforme giganti erano ancora allo stato embrionale. I siti di vendita online saranno obbligati a verificare l’identità dei loro fornitori prima di offrire i loro prodotti. I prodotti saranno verificati una volta all’anno da organismi indipendenti e posti sotto la supervisione della Commissione Europea. 

L’iter legislativo del Dsa

L’accordo politico sul Digital Services Act apre la strada alla sua adozione formale nelle prossime settimane e alla legge vera e propria che entrerà in vigore probabilmente entro la fine dell’anno. Anche se le regole non inizieranno ad applicarsi fino a 15 mesi dopo, quindi c’è un periodo di tempo abbastanza lungo per consentire alle aziende di adattarsi.

Perché il DSA cambia tutto

Finora i regolatori non avevano accesso ai meccanismi interni di Google, Facebook e di altre piattaforme, ma con la nuova legge le aziende dovranno essere trasparenti e fornire informazioni ai regolatori e ai ricercatori indipendenti sugli sforzi di moderazione dei contenuti.

Un esempio? Conoscere i dati di YouTube per sapere se il suo algoritmo ha indirizzato gli utenti verso la propaganda russa più del normale. Per far rispettare le nuove regole, la Commissione europea dovrebbe assumere circa 200 nuovi dipendenti, che saranno pagati dalle aziende tecnologiche attraverso una “tassa di vigilanza”, che potrebbe arrivare fino allo 0,1% del loro reddito netto globale annuale.

Le reazioni delle Big Tech

I giganti tech hanno fatto pressioni a Bruxelles per rendere innocue le nuove regole della Ue. Al momento Facebook e Twitter non hanno commentato. Google, invece, venerdì scorso ha dichiarato di non vedere l’ora di “lavorare con i politici per ottenere i dettagli tecnici rimanenti per garantire che la legge funzioni per tutti”. 

Va detto che, sempre venerdì, Twitter ha dichiarato che vieterà dal suo sito gli inserzionisti che negano il consenso scientifico sul cambiamento climatico. A novembre scorso Frances Haugen, la whistleblower di Facebook, sempre a proposito del DSA aveva detto che si trattava “di un’occasione storica che non poteva essere mancata”.

Il Digital Services Act (DSA) ha il potenziale per essere uno ‘standard globale’ e ispirare altri paesi a “perseguire nuove regole che salvaguardino le nostre democrazie” aveva sottolineato Haugen. Di “un grande momento per la politica tecnologica in tutto il mondo” ha parlato Jim Steyer, CEO di Common Sense Media con sede a San Francisco, un gruppo di difesa senza scopo di lucro per bambini e famiglie. 

Steyer ha detto che il DSA è “una pietra miliare nella lotta globale per proteggere i bambini e le famiglie dai danni di Internet da parte di queste piattaforme non regolamentate. I legislatori europei hanno fatto un grande passo avanti per rendere Internet più sicuro per bambini e adolescenti. I legislatori qui devono guardarsi allo specchio e agire rapidamente per proteggere i nostri figli e il nostro futuro democratico. Ora è il momento del Congresso e dell’amministrazione Biden”. 

L’ex presidente Barack Obama ha invitato le piattaforme tecnologiche a intensificare il freno alla disinformazione sulle loro piattaforme, criticando gli algoritmi opachi delle società e quelli che ha descritto come incentivi finanziari che incoraggiano la raccomandazione di contenuti estremi o provocatori sulle piattaforme.


Così le nuove regole Ue cambiano i social e le piattaforme di ecommerce