AGI – Un altro paradosso dell’Argentina è che nonostante possa disporre delle enormi risorse di Vaca Muerta nel Sud est (provincia di Neuquèn), il secondo più grande giacimento di gas da scisto al mondo, dipende ancora fortemente dalle importazioni di energia. Questo perché mancano le infrastrutture per i gasdotti e i terminali LNG per esportare quello che viene chiamato oro ‘blu’.
Eppure, come qualche settimana fa ha scritto il Financial Times, il paese sudamericano potrebbe diventare player fondamentale nel mercato internazionale di gas naturale liquefatto, proprio ora che il bando alla Russia sta dando vita a una nuova mappa energetica globale.
Per questo motivo, il presidente dell’Argentina, Alberto Fernandez, sta spingendo attori stranieri per realizzare un progetto di trasporto e di liquefazione del gas, che darebbe una spinta notevole alla disastrata economia argentina. Ne ha parlato, a margine del G7, anche con il premier italiano. Lo stesso Draghi ha riferito ai giornalisti che con il presidente “abbiamo parlato delle relazioni che uniscono i due Paesi, che sono di lunga data. Mi ha illustrato un progetto di trasporto e liquefazione di gas in Argentina” e “lo esamineremo e vedremo se ci sono le condizioni per proseguire”.
‘Vaca Muerta’ che in spagnolo significa “vacca morta” (scoperta nel 1931 dal geologo americano Charles Edwin Weaver) deve questa curiosa denominazione perché su uno dei suoi lati, vicino a Zapala, c’è una catena montuosa che ha lo stesso nome, ma secondo altri, è perché se la si guarda da una mappa, proietta la sagoma di una mucca sdraiata.
Occupa una superficie di 36.000 km quadrati, ossia l’equivalente del territorio della Svizzera o dei Paesi Bassi e ha proprietà geologiche tali da esser paragonate all’Eagle Ford statunitense contenendo risorse estraibili pari a 16 miliardi di barili di petrolio e 308 mila miliardi di piedi cubi di gas naturale.
La sua produzione di petrolio non convenzionale ha raggiunto il suo livello record a settembre scorso con 180.000 barili al giorno, il che ha comportato un aumento annuo del 53%, su un totale di 532.000 bpd a livello nazionale in Argentina.
Numeri incredibili se si pensa che il paese utilizza solo il 50% della capacità del giacimento e solo il 10% è sfruttato per la commercializzazione e che quest’anno l’Argentina importerà gas per circa 7 miliardi di dollari sebbene le riserve di Vaca Muerta siano equivalenti a sei volte tutto il gas di cui ha bisogno nei prossimi 20 anni.
Al contrario, con politiche appropriate, le entrate dell’Argentina – che è uno dei quattro Paesi al mondo che producono questo tipo di idrocarburi, insieme a Stati Uniti, Canada e Cina – potrebbero superare i 30 miliardi di dollari all’anno di export. Solo che il suo sfruttamento ha incontrato negli ultimi anni diversi ostacoli, da ultimo anche le limitazioni interne di valuta estera decise dalla banca centrale.
Il governo di Buenos Aires sta puntando quindi tutto sulla costruzione di un nuovo gasdotto ‘Nèstor Kirchner’ (in onore dell’ex presidente) che, con i suoi 563 chilometri, da Vaca Muerta porterebbe il gas fino al centro e di là al nord del paese. Un obiettivo ambizioso che il paese, soffocato dai debiti e sull’orlo del collasso economico, non può intraprendere da solo. Ed invece per Fernàndez, Vaca Muerta rappresenta “una riserva della quale il mondo ha bisogno in questo momento”, e che potrebbe attrarre decine di migliaia di miliardi di dollari di investimenti.
Per il Financial Times, c’è assoluta necessità di un nuovo quadro normativo a sostegno degli investitori. Intanto, il governo ha acconsentito ad un accesso più facile alla valuta estera per le imprese energetiche che potranno ora importare attrezzature specialistiche per lo sviluppo, in particolare per il fracking.
Ma lo sviluppo di Vaca Muerta richiede un progetto a più lungo termine con investimenti annuali tra i 7 e gli 8 miliardi di dollari, oltre a quelli necessari per il trasporto. Attualmente la compagnia nazionale YPF detiene il 42% dell’area, Gas y Petròleo del Neuquèn S.A. (società statale della provincia di Neuquèn) il 12%, mentre il restante 46% è distribuito tra altre società, tra cui ExxonMobil, Pan American Energy, Petronas, Pluspetrol, Shell, Tecpetrol e Wintershall.
Quando a causa della pandemia, è crollato il prezzo del petrolio i lavori di fracking si sono interrotti in quanto per essere redditizia tale attività richiede un prezzo elevato del barile dell’oro nero. Nell’aprile 2020 il governo aveva fissato un prezzo minimo del barile sul mercato locale, superiore a quello internazionale, per garantire l’attivita’ del settore. Si è andati avanti fino a novembre, ma poi i lavori si sono interrotti a causa della corsa senza freni del prezzo dell’oro nero.