Gli effetti della psicosi coronavirus sulla produzione di petrolio

La “vittima” eccellente del coronavirus è il petrolio che è in forte calo e il cui prezzo è ai minimi da maggio 2019 a New York e da novembre 2018 a Londra. Il timore per la pandemia potrebbe sconvolgere l’intero mercato dell’oro nero al punto che l’Opec sta pensando di organizzare una riunione straordinaria già alla fine di questo mese.

I due barili di riferimento, il WTI quotato a New York e il Brent quotato a Londra, sono diminuiti rispettivamente del 16% e del 12% da inizio anno. I prezzi erano peraltro aumentati qualche settimana fa, al culmine delle tensioni tra Iran e Stati Uniti ma le notizie sul coronavirus hanno invertito la tendenza. Secondo gli analisti “i prezzi del petrolio sono stati estremamente vulnerabili all’epidemia” nel senso che più il virus si diffonde, maggiore è il potenziale impatto economico e l’impatto sul consumo di petrolio.

Nel periodo 15-22 gennaio, secondo alcuni analisti, le importazioni di petrolio cinese sono calate di quasi 2 milioni di barili al giorno (mbpd) rispetto alla media di gennaio 2019, e di 3 mbpd dall’inizio del 2020. Logicamente, “quando il motore economico comincia a cedere, la necessità di carburante diminuisce”, dice Naeem Aslam, un analista di Avatrade.

Il ruolo della Cina nel mercato del petrolio 

La Cina è il secondo consumatore mondiale di greggio e quindi gioca un ruolo cruciale nell’equilibrio di un mercato già indebolito da un’offerta sempre più abbondante, dovuta in particolare agli Stati Uniti, che sta pompando a livelli record grazie all’aumento dello scisto. La prospettiva di un calo della domanda arriva in un momento in cui l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec) sta lottando per sostenere i prezzi del petrolio già indeboliti dall’abbondante offerta di oro nero e dal rallentamento della crescita globale.

Il ministro saudita dell’Energia, Abdel Aziz ben Salmane, fratellastro del potente principe ereditario Mohammed ben Salmane (MBS) e leader del cartello, cerca di rassicurare e vede nella caduta dei prezzi solo una reazione “psicologica” degli investitori. Ma secondo Carsten Fritsch, analista di Commerzbanck, “la spettacolare caduta degli ultimi giorni sembra rendere nervosa l’Opec”. Il greggio Brent, ad esempio, è sceso sotto i 60 dollari al barile, una delle soglie simboliche per gli analisti.

Intervistato dall’agenzia ufficiale algerina APS, il ministro dell’Energia, Mohamed Arkab, ha indicato come “molto probabile” l’anticipo a febbraio della riunione “affinché si possano trovare i mezzi per garantire l’equilibrio del mercato”.

L’Opec vuole evitare di inviare segnali di panico al mercato

Ma queste informazioni non sono state confermate da altri membri del cartello. Anche il ministro russo dell’Energia Alexander Novak ha detto di essere pronto per un incontro “molto rapidamente se necessario”. Il gruppo e i suoi alleati Opec+, guidati dalla Russia, avevano programmato una “riunione straordinaria” all’inizio di marzo, mentre il cartello abitualmente si riunisce ogni sei mesi.

Anticipare l’incontro potrebbe sortire un effetto opposto al previsto e inviare un segnale di “panico” al mercato. Un ulteriore taglio alla produzione, o almeno una proroga del taglio dopo marzo, rimane l’arma principale del cartello per sostenere i prezzi: c’è da valutare bene il da farsi visto che una mossa del genere potrebbe non ottenere il sostegno dei suoi membri o del suo principale alleato, la Russia. 

Agi