L'orgoglio di essere italiano e una difesa dell'euro che, pur con i suoi limiti, è stato fonte di stabilità. Italia e Europa si sono sovrapposte, intrecciate e andate fianco a fianco nella lectio magistralis del presidente della Bce, Mario Draghi. Come potevano lasciare presagire l'inno di Mameli e l'inno alla Gioia intonati all'inizio della cerimonia con la quale la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa gli ha conferito la laurea honoris causa in Economia.
Non sono passate inosservate le grida di allarme del rettore dell'Ateneo, Pierdomenico Perata, che ha denunciato i tagli subiti dall'istruzione universitaria italiana nell'ultimo decennio, e del rappresentante degli studenti, Tommaso Sacconi, che, nonostante le difficoltà del sistema universitario, non ha fatto mancare il "coraggio" di "voler contribuire al futuro delle nostre comunità", in "Italia ma anche oltre ai confini del nostro paese".
Orgoglioso di essere italiano
"Parole molto belle" che "mi fanno sentire ancora più orgoglioso di essere italiano", ha detto Draghi invitando gli studenti a buttare il cuore oltre l'ostacolo, perché "senza coraggio non si va da nessuna parte". Coraggio che puo' essere attinto dall'euro, che a gennaio compirà 20 anni: "l'appartenenza alla moneta unica gioca un ruolo fondamentale" per i paesi europei, in virtù del suo ruolo di "stabilizzatore" delle economie, "soprattutto nelle fasi recessive".
"L'Unione monetaria ha avuto successo sotto molteplici aspetti", ha ricordato Draghi, anche se è vero che "non ha prodotto i risultati attesi in tutti i paesi", ma ciò è in parte "il risultato di scelte di politica interna" oltre che "il risultato di un'Unione monetaria incompleta", per cui sarebbe auspicabile portarla a compimento, a partire dall'unione bancaria. Detto questo "la moneta unica ha permesso a diversi paesi di recuperare sovranità monetaria rispetto allo Sme", ovvero quando "le decisioni di politica monetaria erano prese dalla Germania", mentre "oggi sono condivise da tutti i paesi".
Il monito
Ed è qui che arriva il monito del banchiere: "non è ovvio che un paese tragga vantaggi in termini di sovranità monetaria dal non essere parte dell'euro". Certo, ha premesso Draghi, "ogni Paese ha la propria agenda, ma solo con le riforme si creano le condizioni per far crescere salari e occupazione", oltre a garantire "lo stato sociale". E queste "sono azioni che non possono non essere compiute che a livello nazionale", seppure "con il sostegno a livello europeo".
Il riferimento all'Italia sembra diventare ancora più diretto con il monito a non adottare misure in deficit per il bilancio pubblico, come del resto "ha dimostrato la storia dell'Italia", dove "il finanziamento monetario del debito pubblico non ha portato a reali benefici a lungo termine. Nei periodi in cui la monetizzazione del debito era più comune in Italia, come negli anni '70, il mantenimento di un tasso di crescita simile ai suoi omologhi europei richiedeva ripetute svalutazioni.
L'inflazione aveva raggiunto livelli insostenibili e aveva colpito i ceti più vulnerabili della società". L'euro, come parte integrante e fondamentale dell'Unione europea, potrebbe poi essere anche un argine ai populisti e ai movimenti estremisti: "Altrove nel mondo – ha concluso Draghi – si sta diffondendo il fascino delle ricette e dei regimi illiberali; stiamo vedendo piccoli passi indietro nella storia. Ed è per questo che il nostro progetto europeo è ancora più importante oggi. E' solo continuando a progredire, liberando le energie individuali ma anche promuovendo l'equità sociale, che la salveremo attraverso le nostre democrazie, con unità di intenti".