AGI – L’economia frena alla fine dell’anno e aumenta il rischio di una stagnazione in Italia. E’ l’allarme lanciato da Confindustria nella sua ‘Congiuntura flash’ di dicembre. Il prezzo del gas – sottolinea il Centro studi degli industriali italiani – sta di nuovo salendo e il caro-energia accresce i costi ormai da 12 mesi, mitigato, solo in parte, dagli interventi del governo. L’inflazione ai massimi e persistente frenerà, inoltre, i consumi, mentre il rialzo dei tassi si sta accentuando e zavorra i bilanci. Gli indicatori sono al ribasso, anche riguardo la domanda e il turismo, esaurito il rimbalzo, potrebbe spingere meno in inverno, come già le costruzioni in estate.
Il prezzo del gas in Europa – osserva Confindustria – torna a crescere a dicembre (137 euro/mwh in media, da 96 a novembre) e le difficili trattative Ue su un price cap, proposto a un livello ancora più alto, non aiutano. Il petrolio invece ha registrato una flessione marcata a dicembre, a 81 dollari al barile (da 91), sulla scia di un mercato mondiale ben rifornito.
La flessione delle commodity non energetiche, invece, sembra essersi fermata (+0,7% a novembre), sui livelli elevati toccati nel 2021 (+37% da fine 2019). Per quanto riguarda i tassi, il costo del credito per le imprese italiane si è impennato in ottobre: 3,14% per le Pmi da 1,74% a inizio 2022, 2,19% per le grandi da 0,76%. Questo aggravio di costi – sottolinea il Centro studi – inciderà negativamente sugli investimenti. Il Btp, che era in flessione da metà ottobre (3,49% a dicembre, da un picco di 4,69%), è risalito a 4,06% a seguito del rialzo dei tassi deciso dalla Bce il 15 dicembre.
L’industria accusa il colpo
In questo scenario l’industria accusa il colpo. La produzione ha subito un secondo marcato calo in ottobre (-1%, dopo il -1,7% a settembre). Hanno tenuto solo i beni strumentali, mentre hanno ceduto gli altri settori. Il 4° trimestre si apre, quindi, con una variazione acquisita molto negativa (-1,5%), più pesante di quella del 3° (-0,5%), come segnalavano da alcuni mesi i dati qualitativi: gli ordini in progressivo calo e le scorte in rapido aumento suggerivano che le imprese avrebbero dovuto correggere al ribasso il livello di produzione (ma a breve è atteso un rimbalzo). Inoltre, il Pmi a novembre, pur recuperando, è rimasto in area di contrazione (48,4 da 46,5) e la fiducia delle imprese è risalita ma è ancora compressa.
La flessione nel 3° trimestre è stata forte per il comparto costruzioni: -1,3% gli investimenti, -2,2% la produzione. Il settore veniva però da 6 trimestri di forte espansione. In prospettiva, le indagini Banca d’Italia segnalano il proseguire di una fase di debolezza, sia in termini di domanda che di contesto economico. Tengono invece i servizi. Il recupero estivo del turismo e della spesa per servizi (+3,1%) è stato cruciale per il settore, unico in crescita nel 3° trimestre (+0,9%). Per il 4° i segnali sono in miglioramento: a novembre il Pmi è risalito vicino alla soglia neutrale (49,5 da 46,4), la fiducia delle imprese di servizi ha recuperato un pò di terreno, i volumi di veicoli sulle autostrade sono poco sotto i valori del 2019 (-0,2%).
Come va l’occupazione
Sul fronte del mercato del lavoro, i dati mostrano il proseguire dell’espansione dell’occupazione in Italia nel bimestre settembre-ottobre (+0,3% su luglio-agosto, +79 mila unità). Occupati in moderato aumento pure nell’industria a ottobre e novembre. L’export italiano appare altalenante: apre male il 4° trimestre (-1,6% in ottobre dopo +1,6% a settembre). Si osservano ampie differenze tra settori e paesi di destinazione: in robusta espansione il farmaceutico, in risalita i mezzi di trasporto, più deboli i macchinari; fanno da traino le vendite negli Usa e in Turchia, fiacche quelle in Cina e soprattutto in Giappone.
Si consolidano i segnali negativi provenienti dagli ordini manifatturieri esteri in novembre, per la debolezza della domanda globale e l’incertezza geoeconomica. Il commercio mondiale – secondo le analisi di Confindustria – è ancora in crescita nel 3° trimestre, ma indicazioni negative per il 4° vengono dal Pmi globale ordini esteri (46,2 in ottobre e novembre) e dall’indice di movimentazione portuale di container (netto calo a ottobre): pesano i rialzi dei costi, specie energetici.
La flessione nell’Eurozona
Nell’Eurozona l’industria è in flessione, infatti la fiducia, che era in calo da 8 mesi, è leggermente migliorata a novembre (93,7 da 92,7; indicatore Esi); tuttavia, il tenue aumento non si è esteso all’industria (-2 da -1,2), segnalando un indebolimento delle prospettive. Anche il Pmi composito diminuisce a novembre (47,3 da 47,8), soprattutto per la flessione nel manifatturiero (46,4 da 47,1); tengono invece i servizi (48,6 da 48,5). La debolezza nell’industria è riflessa anche nei dati sulla produzione: in ottobre la variazione acquisita per il 4° trimestre è di -0,3% in Germania, -0,5% in Spagna, -2,3% in Francia.
Negli Usa la crescita è lenta, con la Fed che ha alzato ancora i tassi a fine anno (a 4,5%), ha rivisto poco al rialzo le previsioni di crescita sul PIL nel 2022 (+0,5% da +0,2%) e molto al ribasso nel 2023 (+0,5% da +1,2%). I segnali per l’economia a novembre sono stati deboli: la produzione industriale è scesa dello 0,2% e il crollo inatteso dell’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago (37,2 da 45,2) ha anticipato il calo sotto la soglia neutrale anche degli indici Pmi e Ism manifatturieri. Le vendite al dettaglio sono diminuite di 0,6%, ma l’aumento della fiducia dei consumatori a dicembre sembra anticipare un rafforzamento.