WizzAir a Bari, Ryanair a Brindisi, ma anche a Crotone, Trapani, Alghero, Ancona, Ciampino, Bergamo. Sono solo alcuni degli scali italiani sotto il controllo totale delle low cost, grazie a generosi contributi pubblici che ne permettono il funzionamento
I sussidi fanno volare le low cost
Si potrebbe obiettare che è la dura legge di mercato in un mondo competitivo, ma guardando al sistema nel suo complesso, si scopre che alle compagnie aeree low cost vengono concessi sotto forma di incentivi, circa un centinaio di milioni all'anno.
A finanziare queste operazioni ci sono, nella maggior arte dei casi, gli aeroporti gestiti da società partecipate dagli enti locali. Ma c'è da dire che troppo spesso queste sovvenzioni non colpiscono nel segno (basta dare un'occhiata ai tanti bilanci in rosso delle società di gestione italiane) trasformando l'aiutino pubblico in uno sperpero di denaro.
Una voce importante di questa anti-economicità diffusa – si legge sul quotidiano La Stampa – è il doping delle agevolazioni e degli sconti sul prezzo dei servizi (di fatto si tratta di sussidi) che parecchi scali pagano a Ryanair o ad altri vettori per deviare artificialmente qualche flusso di traffico verso le loro piste.
Le regole d'ingaggio sono chiare, le compagnie aeree low cost impongono la legge del più forte. Come scrive il quotidiano la Repubblica, hanno in mano il destino di numerosissimi territori: se decidono di volare su uno scalo possono portare lavoro e turismo. Se stracciano un contratto lasciano in eredità solo macerie. Agli azionisti delle società di gestione invece, per non rischiare di chiudere i battenti, non resta che una sola scelta: aprire il portafoglio.
I sussidi nascosti
Il doping dei sussidi ha tanti volti ed è sempre ben nascosto nelle pieghe dei bilanci dei gestori: alcuni lo camuffano da marketing pubblicitario, o come costi per lo sviluppo di nuove rotte o ancora come spese per valorizzare il turismo locale. Nella maggior parte dei casi i piccoli aeroporti hanno ormai legato il loro destino a quello delle low-cost. Crotone ne è l'esempio più eclatante.
L'on-off dell''aeroporto di Crotone
Dal primo giugno il piccolo aeroporto della città calabrese riprenderà vita – spiega La Stampa. Almeno fino a ottobre Ryanair garantirà i collegamenti con Pisa e Orio al Serio. Era dal 2016 che nello scalo calabrese non c’erano più voli di linea. Da allora molto è cambiato eppure il rischio di un nuovo default è concreto. Infatti, così come accadeva nel passato anche oggi per portare la compagnia irlandese a toccare terra a Crotone c’è voluto più di mezzo milione di euro di fondi pubblici.
"Abbiamo sostenuto la ripresa dei voli – ha dichiarato il governatore Mario Oliverio presentando le nuove rotte – perché nessuna compagnia vola gratis". Ma anche i Comuni della provincia dovranno partecipare e mettere mano al portafoglio per versare circa 40 mila euro al mese necessari al funzionamento dell’aeroporto. L’interrogativo centrale resta la sostenibilità dell’aeroporto di Crotone
La città resta isolata
A rendere ancor più difficile lo sviluppo del terminal di Crotone è la mancanza di infrastrutture funzionanti. La ferrovia ionica attende ancora l’elettrificazione – aggiunge La Stampa – i treni a lunga percorrenza sono solo un ricordo e per arrivare a Roma, circa 500 chilometri, occorrono non meno di otto ore. Oppure c’è la statale 106, che tutti chiamano la strada della morte. Tranne pochi chilometri da poco ammodernati, il resto è una stretta lingua d’asfalto che passa in decine di paesi su cui Tir e autobus condividono la carreggiata con trattori e biciclette. Volare via sembra l’unica soluzione.