AGI – I mercati restano instabili, ma si riprendono dal terremoto del lunedì nero, anche perchè, dopo le dure sanzioni alla Russia e l’allerta nucleare, le truppe russe non sfondano in Ucraina, si comincia a intravedere qualche spiraglio diplomatico e l’esclusione di Mosca dallo Swift è allentata dalle deroghe al settore energetico, introdotte per proteggere gli acquisti di gas.
In Asia i listini salgono, con Tokyo che avanza dell’1,2%, Sydney dell’1,3%, Shanghai dello 0,4% e Hong Kong giù dello 0,1%. I future a Wall Street sono misti e poco mossi, dopo che ieri New York ha chiuso ancora volatile, anche se il Nasdaq è salito a +0,4%, grazie alla frenata del rendimento sui Treasury, sceso all’1,83%. A febbraio comunque Wall Street ha perso complessivamente il 3% a causa dell’invasione in Ucraina.
In Europa i future sull’EuroStoxx salgono dello 0,6%, dopo una chiusura in calo ma sopra i minimi di giornata. Intanto il peso della guerra comincia a farsi sentire soprattutto in Russia: code ai bancomat, carenza di dollari e rublo a picco. Il valore della moneta russa oggi si stabilizza, dopo aver chiuso ieri in calo del 22% e aver perso in precedenza circa un quarto del suo valore. Intanto la Banca Centrale è stata costretta a raddoppiare il tasso d’interesse dal 9,5% al 20% e ha chiudere la Borsa di Mosca.
Domani giornata clou, con Powell, Opec+ e inflazione Ue
Al di là della crisi ucraina i riflettori dei mercati restano puntati sulla giornata di domani, in cui si concentreranno i maggiori eventi della settimana. Nel pomeriggio, nel giro di poche ore, interverranno il ‘falco’ della Fed, James Bullard, il numero uno della Federal Reserve, Jerome Powell e il capo economista della Bce, Philip Lane. Poi avremo il comunicato finale della riunione dell’Opec+, che lascerà invariati gli aumenti di 400 mila barili al mese, anche se la Russia, vista la situazione, farà probabilmente solo finta di aderire a questi aumenti produttivi, continuando a estrarre greggio a suo piacimento. Inoltre usciranno i dati sull’inflazione preliminare dell’area euro, che a febbraio è attesa salire dal 5,1% al 5,3% annuale.
A guidare i prossimi passi dei mercati sarà soprattutto la Federal Reserve, la quale in qualche modo dovrà tener conto del conflitto in Ucraina, anche se con meno urgenza della Bce, visto che l’Europa risente dell’impatto economico della guerra più degli Stati Uniti. Il 16 marzo la Fed rialzerà i tassi e probabilmente lo farà di 25 punti base e non di mezzo punto percentuale, anche se ieri il presidente della Fed di Atlanta Raphael Bostic ha detto che, se l’alta inflazione persiste, la Federal Reserve potrebbe aver bisogno di rialzare i tassi di interesse di mezzo punto percentuale nella sua prossima riunione. “Oggi – ha detto Bostic – mentre parliamo, sono ancora a favore di una mossa di 25 punti base a marzo, ma le cose stanno cambiando in fretta, specie riguardo all’inflazione”. I mercati si apettano che nel 2022 la Fed rialzi i tassi almeno sei volte. Sui tagli del bilancio invece, che attualmente pesano circa il 40% del Pil Usa, c’è meno chiarezza. Domani, nella sua audizione davanti al Congresso, Powell qualcosa in proposito dovrà dirla. E qualcosa dovrà dirla anche sulla guerra, anche se per la Fed non rappresenta un problema grave come quello dell’inflazione, il quale resta il ‘nemico pubblico numero uno’. Intanto ieri Christine Lagarde ha ribadito il suo mantra che la Bce farà tutto ciò che “è necessario per garantire la stabilità dei prezzi e quella finanziaria nella zona euro“. Che significa? Di fatto, spiega Antonio Cesarano, global strategist di Intermonte Partners, la Bce “apre a un’ipotesi, che è ancora da definire, di fare qualcosa di straordinario in nome dell’emergenza. In altre parole la Bce, a causa della crisi ucraina, ammorbidirà il processo di normalizzazione monetaria”. Come ancora non si sa, lo sapremo alla riunione del prossimo 10 marzo. I mercati comunque danno per scontato che la Bce continuerà a comprare titoli del debito pubblico e non stabilirà una scadenza precisa agli acquisti. Lo dimostra la discesa dello spread, che ieri è sceso sotto i 160 punti.
Tuttavia Sberbank, Lukoil e Vtb quotate a Londra, hanno paurosamente sbandato. Sberbank è crollata di oltre il 75%, Gazprom ha dimezzato il suo valore e le azioni di Vtb a Londra verranno sospese se la banca russa resterà nella lista statunitense delle società sanzionate.
Intanto il prezzo del petrolio vola, con il Brent intorno a quota 101 dollari, dopo aver toccato un nuovo massimo da 7 anni sopra 105 dollari. Si sgonfiano invece le quotazioni del gas, che ieri ha chiuso in rialzo del 5% dopo un’impennata a +37% in avvio di contrattazioni. Sempre alle stelle i prezzi di grano, mais e soia, i cui rialzi però rallentano a +1-2%. Cala dello 0,3% il prezzo dell’oro dopo il rally di ieri.
I russi cominciano a pagare il costo della guerra ed è salato
I russi cominciano a pagare i costi dell’invasione in Ucraina, un conflitto che finora il Cremlino aveva perfino evitato di chiamare ‘guerra’. E scoprono che i conti sono molto salati, sia quelli economici, sia quelli sociali. Il rublo è crollato, ieri in poche ore ha perso un quarto del suo valore. La gente è corsa a ritirare i contanti ai bancomat. I dollari sono scomparsi dalle principali banche del Paese. Aeroflot, la compagnia aerea nazionale, ha cancellato tutti i suoi voli verso l’Europa, dopo che decine di Paesi hanno chiuso il loro spazio aereo ai voli dalla Russia, isolando il Paese. Ad aggravare queste sofferenze è arrivata la decisione della Banca centrale russa, che ha più che raddoppiato il suo tasso di interesse chiave per ammorbidire l’impatto di potenziali sanzioni e rendendo difficile per la banca sostenere il rublo.
Inoltre l’istituto ha vietato agli stranieri di vendere titoli russi, ha ordinato agli esportatori di convertire in rubli la maggior parte delle loro entrate in valuta estera e ha chiuso la Borsa di Mosca per un giorno a causa della “situazione in via di sviluppo”. Come se non bastase, Shell, una società che per anni ha aiutato la Russia a trarre profitto dalle sue ricchezze energetiche, ha annunciato l’uscita da tutte le sue joint venture con Gazprom, la più grande società di gas naturale di proprietà statale della Russia, dopo che BP nel weekend ha fatto sapere di essere pronta a vendere la sua partecipazione nel gigante del petrolio Rosneft. Volvo ha reso noto che avrebbe interrotto la produzione presso la sua fabbrica di camion in Russia, e Mercedes-Benz l’ha imitata abbandonando la sua partnership con un produttore di camion russo.
Perfino Walt Disney, Sony e Warner Bros hanno bloccato le loro future uscite cinematografiche in Russia. “La realtà economica è cambiata”, ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ai giornalisti, annunciando che Putin aveva indetto una riunione di emergenza con i suoi alti funzionari finanziari. Tutte queste mosse frenetiche sono il segno che le sanzioni imposte alla Russia dall’Occidente nel fine settimana stanno scuotendo le fondamenta dell’economia russa. Le decisioni degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e dell’Unione europea che limitano l’accesso della Banca centrale russa a gran parte dei suoi 643 miliardi di dollari di riserve in valuta estera hanno vanificato gli sforzi del Cremlino per attenuare l’impatto di potenziali sanzioni. Di fronte alle difficoltà che le sue armate trovano ad avanzare vittoriosamente in Ucraina e all’instabilità economica, alcuni analisti temono che Putin, che ha già alzato i toni ordinando l’allerta nucleare, possa intensificare il conflitto con l’Occidente utilizzando nuove minacce militari, o altri mezzi, come gli attacchi informatici.
I mercati restano instabili ma si riprendono dallo choc del lunedì nero