Neanche la pandemia da coronavirus è riuscita a fermare il boom immobiliare cinese, la più grande bolla speculativa mondiale, che il Wall Street Journal stima in 52 mila miliardi di dollari. Dopo una breve pausa durante il lockdown a febbraio, il boom immobiliare cinese in alcune megalopoli, che molti ritenevano insostenibile, ha ripreso la sua inarrestabile ascesa, con i prezzi che volano e gli investitori che continuano a correre dietro alle offerte, nonostante i milioni di posti di lavoro persi e gli altri problemi economici, a partire dalla ripresa rallentata, che affliggono l’economia cinese.
Perché i cinesi rincorrono il ‘mattone’?
A marzo, nota il Wsj, 288 appartamenti in un nuovo complesso immobiliare di Shenzhen sono stati venduti online in meno di otto minuti. Pochi giorni dopo, gli acquirenti inseguito più di 400 unità offerte in un nuovo complesso residenziale a Suzhou. A Shanghai, le vendite di appartamenti si sono avvicinate ad un nuovo livello record ad aprile e a Shanzhen circa 9.000 persone hanno lasciato un deposito di un milione di yuan (141.300 dollari) per mettersi in lista per l’acquisto di nuovi appartamenti.
“Ho avuto a malapena il tempo per il pranzo nei fine settimana di marzo” quando il mercato ha iniziato a riprendersi, ha detto al Wsj Zhao Wenhao, agente con sede a Shanghai presso Lianjia, una delle più grandi società di intermediazione immobiliare cinese. Molti clienti temono che la valuta cinese si deprezzi a causa del rallentamento economico globale, ha spiegato, e questo spinge ancora più denaro nel ‘mattone’, considerato come in ‘paradiso’ degli investimenti.
Fin dove può arrivare la bolla speculativa
La bolla patrimoniale cinese, dicono molti economisti, ora eclissa quella degli alloggi degli Stati Uniti degli anni 2000. Al culmine del boom immobiliare Usa, circa 900 miliardi di dollari l’anno venivano investiti in immobili residenziali. Nei 12 mesi terminati a giugno, circa 1.400 miliardi di dollari sono stati investiti nel mercato immobiliare residenziale cinese. E il mese scorso in questo comparto i cinesi hanno investito più di qualsiasi altro mese registrato. Il valore totale delle case in Cina, secondo Goldman Sachs, che fa riferimento agli inventari degli sviluppatori, ha raggiunto la cifra stratosferica di 52.000 miliardi di dollari nel 2019, due volte il valore del mercato residenziale degli Stati Uniti e persino più dell’intero mercato obbligazionario degli Stati Uniti. La pausa di mercato del coronavirus non è durata a lungo.
I prezzi delle case urbane in Cina sono aumentati del 4,9% a giugno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Gli investimenti da inizio anno sono aumentati dell’1,9% nella prima metà dell’anno, nonostante un forte calo delle vendite a febbraio. E giovedì la Cina ha dichiarato che la sua economia è cresciuta del 3,2% nei tre mesi chiusi al 30 giugno, risultando cos’ il primo Paese al mondo a uscire dalla crisi del Covid-19 con un Pil in rialzo. Cina Evergrande, il più grande costruttore di case del Paese, ha aumentato il suo obiettivo di vendita per il 2000 del 23%, dopo le forti vendite di marzo.
L’altra faccia della medaglia
Tuttavia, la rapida ripresa del mercato immobiliare, non è solo una buona notizia per Pechino, ma rappresenta anche una preoccupazione, visto che il governo centrale ha ripetutamente cercato di impedire ai prezzi immobiliari di sfuggire al controllo. Nel 2017 il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato che “le case sono costruite per essere abitate, non per speculazione”. Ed è diventato un mantra per la politica abitativa del governo. Questi allarmi non hanno però scoraggiato gli investitori, anche perché gli acquirenti hanno capito che il governo non sembra disposto a lasciare cadere il mercato, che rappresenta una ‘gallina dalle uova d’oro’ per gli immobiliaristi ma anche per il fisco e i risparmiatori.
“La domanda speculativa è in aumento perché tutti vedono le abitazioni come un bene più sicuro del mercato azionario o delle attività all’estero”, commenta Gan Li, professore di economia presso la Texas A&M University. “Pensano che sia garantito. A causa della pandemia, in realtà consumano meno e risparmiano di più. Quindi avranno effettivamente più soldi disponibili per investire. Ciò creerà un problema abitativo ancora più grande”.
Ma la corsa alla seconda casa non si ferma
Nel 2017 circa il 21% delle case della nelle aree urbane cinesi Cina era vacante, una percentuale molto elevata rispetto agli standard internazionali, che equivaleva a 65 milioni di unità vuote, secondo i dati più recenti del China Household Finance Survey. Tra le famiglie che possiedono due proprietà, il tasso di posti vacanti ha raggiunto il 39,4% e tra quelli che ne possedevano tre o più, il 48,2% risulta vuoto.
I rendimenti degli affitti sono inferiori al 2% nelle principali città come Pechino, Shanghai, Shenzhen e Chengdu, meno di quanto si possa fare acquistando titoli di stato cinesi. Tuttavia, Shannon Bi, un’insegnante di inglese di 42 anni, ha affermato che la pandemia l’ha spinta a investire in una seconda casa a Shenzhen prima del previsto, perché si preoccupa dell’inflazione. “Devi investire il denaro da qualche parte, o si deprezzerà solo”, ha spiegato. Insomma, il boom immobiliare cinese ha preso vigore dalla pandemia e non accenna a diminuire, alimentando la bolla speculativa.