Perché gli americani non comprano più automobili italiane?

Il settore dell’automotive da sempre al centro dell’economia nazionale è in seria difficoltà. I dati Istat sulla produzione industriale descrivono ad aprile un crollo a doppia cifra per la fabbricazione di autoveicoli rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (-17,1%). Incide su questa preoccupante flessione sicuramente lo stallo delle vendite di auto nel mercato interno. Al di là del lieve aumento registrato ad aprile (+1,47), a maggio (-1,19%) le immatricolazioni sono tornate a scendere, consolidando una contrazione che dura ormai da sedici mesi.

In controtendenza soltanto i veicoli a trazione elettrica, sempre di più scelti dagli italiani per motivi ecologici, complice l’ecobonus varato dal governo. Frenano quest’anno anche le esportazioni (-5,4%) in difficoltà per il delicato clima internazionale che non accenna a migliorare. Il 18 maggio il comparto automobilistico europeo è riuscito a scongiurare i dazi di Trump ottenendo una tregua di sei mesi. Se alla fine dovessero essere introdotti, per l’Italia sarebbe una vera stangata.

Quanto potrebbero costarci i dazi di Trump

A marzo secondo i dati dell’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica (Anfia) gli Stati Uniti hanno drasticamente ridotto lo shopping di Fiat, Ferrari e di tutte le altre auto prodotte in Italia (-17,5%). Con l’eventuale entrata in vigore delle tariffe gli acquisti degli americani potrebbero ulteriormente diminuire. Un bel problema per il comparto, considerato che oggi per quanto riguarda le automobili sono il nostro principale importatore.

Varca l’Atlantico circa il 17,6%% delle vetture prodotte in Italia e destinate all’export. Significa che su un valore totale a marzo di 2 miliardi di esportazioni di veicoli, gli Stati Uniti hanno inciso per 340 milioni. Il rischio per la tenuta del settore è alto perché non sono da escludere crolli repentini come quello che si è verificato a febbraio nello scambio commerciale con la Turchia (-50,2%) per la svalutazione della lira. Se il bilancio dell’export nel 2018 si è chiuso in negativo (-5,4%), quindi, il 2019 procede in maniera ancora meno incoraggiante.

Come chiarisce l’Anfia, d’altronde, è destinata all’export più della metà di tutte le vetture prodotte (56,7%) in Italia, a fronte del 42,4% di dieci anni fa. Questi numeri sottolineano il ruolo sempre più cruciale delle esportazioni per il settore. Tuttavia, la bilancia commerciale resta pesantemente negativa a favore delle importazioni. A differenza della Francia e della Germania, infatti, dove non c’è una grande penetrazione delle case automobilistiche straniere, gli italiani preferiscono acquistare brand esteri, che detengono il 75% della quota del mercato interno.

Produzione italiana in affanno

Con un giro d’affari superiore ai 51 miliardi di fatturato e 162 mila addetti tra produzione di auto e componentistica, un’indagine dell’Istat del 2016 indica il comparto automobilistico come un perno dell’economia nazionale. Proprio per questo gli ultimi dati sulla produzione destano più di una preoccupazione. Il bollettino dell’istituto di statistica di maggio alla voce fabbricazione di autoveicoli (codice Ateco 29.1) è in rosso sia per questi primi quattro mesi del 2019 (-14,7%) che su base annuale (-17,1%).

Il trend negativo è confermato anche dalle indagini di Anfia che effettua una sua rilevazione contattando direttamente le case automobilistiche. Secondo i dati dell’associazione di categoria, nel 2018 sono state fabbricate 670 mila macchine, il 9,7% in meno rispetto al 2017 e se il confronto sui dodici mesi prende in considerazione il periodo aprile 2018 – aprile 2019, la riduzione raggiunge addirittura il 22%.

L’Italia non è isolata nel contesto europeo. Non stanno facendo meglio gli altri Paesi, in particolare la Germania e il Regno Unito che registrano un calo del 9% nel 2018. Sembra invece tenere la Spagna (-1,1%), seconda per volumi produttivi in Europa, e soprattutto la Francia (0,9%), l’unica col segno più nell’ultimo anno.

L’Italia, però, parte da premesse differenti rispetto a questi paesi perché osservando l‘indice di produzione delle auto elaborato dall’Eurostat per ogni singolo Stato, è evidente che solo l’Italia non sia riuscita a recuperare i livelli produttivi precedenti alla crisi economica. Al contrario, Germania e Spagna ormai hanno raggiunto la stessa produzione del 2008 e il Regno Unito ha addirittura migliorato le proprie performance. Oggi, quindi, il nostro è il sesto Paese produttore nell’Unione, superato anche dalla Repubblica Ceca che ha visto in questo decennio un vero e proprio boom.

Tra le varie anime del comparto nazionale, c’è però una filiera che resta competitiva nonostante l’ondata che ha travolto l’Europa. Si tratta del settore delle carrozzerie, il cui indice di produzione calcolato dall’Istat e riportato da Anfia si è impennato ad aprile (9,9%), ed è stato comunque positivo negli ultimi quattro mesi (6,3%), in netto contrasto come abbiamo visto con l’indice della fabbricazione di autoveicoli (-14,7%). Le carrozzerie fanno ben sperare anche per le ultime rilevazioni sugli ordinativi (+4,2%). Nessun segnale di ripresa, invece, per la fabbricazione dei componenti (-14,7%) e il prodotto finito (-11,1%).

Quante auto vengono immatricolate in Italia?

Secondo ANFIA, le nuove auto immatricolate nel maggio 2019 sono state 193.733, un dato che fa segnare un -1 % rispetto al maggio 2018 (il Ministero dei Trasporti si discosta leggermente da questi numeri, parlando di 193.307 auto per un -1,19%). Il dato si inserisce in un contesto che ormai da 16 mesi manifesta difficoltà, con rari segnali incoraggianti (come il timido segno positivo di aprile 2019) e diverse batoste, come quella dello scorso settembre quando la variazione percentuale tendenziale sul mese di settembre 2017 fu -25%.

Così, il “più” registrato ad aprile è il primo dato in attivo dallo scorso dicembre (+2%), seguito da tre mesi di variazione percentuale tendenziale negativa: -7% a gennaio, -2% a febbraio e -9,6% a marzo. Anche i numeri assoluti di immatricolazioni degli ultimi 12 anni mostrano la contrazione dei volumi del mercato dell’auto.

Come riporta Anfia, il 2007 è l’anno record delle vendite con due milioni e mezzo di vetture nuove, ma la crisi economica dell’anno successivo ha lasciato un segno ben visibile che, nel 2013, ha portato le nuove immatricolazioni a 1,3 milioni, poco più della metà delle auto nuove di sei anni prima. Secondo Anfia, la proiezione per il 2019 è di 1 milione e 850 mila nuove immatricolazioni, dato che confermerebbe il trend negativo per il secondo anno consecutivo.

La Fiat Panda, nelle sue varie versioni, è l’auto più venduta in Italia nel 2018 (più di 122 mila esemplari) e vede confermata la sua leadership anche nel mese di maggio, risultando il modello nuovo più immatricolato (13.631 unità), nettamente davanti a Fiat 500 (6.361) e Renault Clio (6.192). Fiat si conferma il costruttore con il maggior numero di auto immatricolate, davanti a Volkswagen e Renault, con i francesi che si piazzano sul podio di poco davanti a Ford. Rispetto a dodici mesi fa Fiat è stabile (-0,39%) mentre frena bruscamente Alfa Romeo (-51%). Arretra anche Renault (-14%), mentre crescono Mitsubishi (102%), Dacia (42%), Seat e Porsche (33%).

Il crollo del diesel

Maggio 2019 si dimostra in continuità anche sul versante delle scelte legate all’alimentazione dei veicoli. Per il secondo mese consecutivo il benzina vende più del diesel, mentre le ibride ormai hanno raggiunto le auto a gpl.

I motori a benzina sono il 44% delle nuove auto immatricolate contro il 41% del diesel: un effetto collaterale, scrive Anfia, della “demonizzazione” tout-court del diesel ma che non ha un riscontro positivo sulle emissioni, visto che i motori a benzina “hanno livelli emissivi più alti rispetto alle corrispondenti versioni diesel”. Gli ecobonus che premiamo le auto a emissioni massime di 70 grammi di CO2 per chilometro spingono la crescita delle auto elettriche e ibride: nell’ultima rilevazione mensile, Anfia le considera ormai appaiate al Gpl (13 mila a gpl contro 12 mila auto ibride/elettriche), con il metano ormai ampiamente staccato con sole 3700 immatricolazioni.

Gli effetti dell’ecobonus sul mercato delle ricaricabili

Stando ai numeri di Anfia, gli effetti dell’ecobonus entrato in vigore il 1° marzo sono ben visibili, dal momento che sono proprio le auto ricaricabili a crescere di più rispetto a dodici mesi fa. A maggio le auto elettriche sono date in crescita del 95% rispetto all’anno precedente, le ibride plug-in del 62,8%. I numeri dell’auto elettrica degli ultimi mesi sono notevoli: tra gennaio e aprile 2019 sono state immatricolate 300 auto elettriche in più rispetto a tutto il 2017 (2384 contro 2022), con maggio le elettriche sono arrivate a 3579: probabilmente, questi numeri sono conseguenza diretta dell’ecobonus. Inoltre, a maggio 2019, ANFIA riporta l’immatricolazione da parte di privati di 577 auto ricaricabili contro le 138 di maggio 2018.

Auto elettriche, ibride plug-in ed extended-range (autonomia estesa) sono auto ricaricabili, ovvero possono essere collegate alla rete elettriche per essere caricate al fine di circolare. Nei motori ibridi plug-in la trazione avviene congiuntamente grazie a motore elettrico e motore a combustione, nelle extended-range il motore a combustione è una sorta di appoggio. Queste categorie sono quelle probabilmente favorite dall’ecobonus introdotto dal Governo, visto che per accedere agli incentivi occorre scegliere un’automobile che emetta meno di 70 grammi di diossido di carbonio per chilometro.

Stando alla Guida sul risparmio di carburanti e sulle emissioni di CO2 delle autovetture disponibile sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico – la cui versione più aggiornata è del 2016 – sono proprio queste categorie di autoveicoli quelle che rientrano più facilmente nei parametri previsti dalla legge. Nella guida nessuno dei veicoli a benzina, a gasolio, a benzina/gpl e a benzina/metano riesce a rientrare nella soglia di 70 g/km di CO2. Calcolando una media dei veicoli ad alimentazione alternativa, solo le ricaricabili rientrano tranquillamente in questi parametri. I termini della legge, inoltre, specificano che possono accedere all’ecobonus mezzi che comunque abbiano una “motorizzazione elettrica finalizzata alla trazione”.

Tuttavia, è bene specificare che le pur basse emissioni delle auto elettriche o più in generale delle ricaricabili non sono totalmente zero: l’impatto complessivo sull’ambiente dipende da come viene generata l’elettricità che le muove. In ogni caso, come ricorda l’Agenzia Europea dell’Ambiente, i veicoli elettrici sono più efficienti, sprecano meno energia, non producono ossidi di azoto e particolato, se si esclude quello derivante dai freni e dall’usura delle gomme. 

Agi