“L’apertura del mercato a Uber o ad altre forme di mobilità alternativa è vincente per tutti, compresi i tassisti e gli Ncc”: ne è convinto Carlo Carminucci, direttore scientifico dell’Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti (Isfort) che ne ha spiegato i motivi in un’intervista all’Agi. La battaglia tra i tassisti e Uber, che si arricchisce venerdì di una nuova pagina della vicenda giudiziaria che sancirà se il colosso californiano potrà operare o meno in Italia, potrebbe essere una sconfitta per tutti. “Se l’offerta è ampia – sostiene Carminucci – i cittadini si abituano a lasciare a casa la propria auto e a muoversi in città con mezzi alternativi, scegliendo tutte le soluzioni a costi relativamente contenuti”. Magari, spiega il direttore scientifico di Isfort, “si potrà assistere a un iniziale livellamento dei costi, ma alla lunga tutti lavoreranno di più”.
Nelle città in cui i servizi alternativi all’auto privati funzionano, continua Carminucci, “si crea una perfetta integrazione in cui tutti ne beneficiano e il saldo finale è positivo. Laddove, invece, i servizi arrancano, sono inefficienti, si opta nella maggior parte dei casi per l’auto privata”.
La mobilità alternativa che piace agli italiani
Ma i cittadini sono davvero pronti per i servizi di mobilità alternativi? Sì, secondo l’ultimo rapporto sulla mobilità pubblicato da “Audimob”, l’osservatorio Isfort. In particolare, nonostante l’auto resti il mezzo di trasporto per eccellenza e l’Italia il Paese con il più alto tasso di motorizzazione in Europa (62,4 vetture ogni 100 abitanti contro le 40,5 della Danimarca), due intervistati su tre non solo non solo conoscono il car sharing (l’auto condivisa) ma si dicono pronti a utilizzarlo come alternativa all’uso della propria macchina (54,4% degli intervistati) e dei mezzi di trasporto pubblici (20,6%). A fine 2015 il car sharing contava 5.400 veicoli, 700mila iscritti, 6.500.000 noleggi e 50milioni di chilometri percorsi. “Per ora i numeri sono ancora bassi e il mercato è di nicchia, ma il car sharing ha altissime potenzialità”, si legge nel rapporto.
E “sebbene non abbiamo ancora dati effettivi, i trend e le abitudini degli intervistati lasciano prevedere che dal car pooling a Uber, le nuove offerte non stenteranno a decollare, producendo un effetto moltiplicatore”, sostiene Carminucci.
Come e perché si muovono gli italiani
In media in un giorno feriale, gli italiani impiegano 57,7 minuti per muoversi ed effettuano oltre 100 milioni di spostamenti percorrendo circa 1,2-1,4 miliardi di chilometri, stima il rapporto che evidenzia una tendenza alla contrazione negli ultimi 15 anni. Perdono terreno le principali motivazioni legate a lavoro e studio che oggi incidono solo per un terzo. A queste ragioni si affiancano "gli spostamenti per la gestione della famiglia e per la fruizione del tempo libero". Ma soprattutto, per muoversi gli italiani non hanno dubbi: scelgono la macchina. E’ così per l’80% degli “spostamenti motorizzati”, il restante è rappresentato da tutti gli altri mezzi di trasporto. Chi siede al volante della propria auto sono soprattutto gli uomini, tra i 30 e i 65 anni, occupati e laureati.
Le due route (e un motore), invece, sono il mezzo di gran lunga preferito dai giovani, studenti o lavoratori, di sesso maschile e che vivono in città. "La segmentazione evidenziata è del tutto conseguente a questo forte asse di identificazione (“giovani-maschi-urbani”). Infatti, gli spostamenti in moto sono in larga misura di breve distanza (3-10km; 71%% del totale) e si associano quasi esclusivamente a motivazioni di lavoro (51%) e tempo libero. Elevato il peso degli spostamenti in moto effettuati da chi abita nelle medie e grandi città.
Si pedala da Bolzano a Pisa
Quanto alla bici, "la maggior parte degli spostamenti non supera i 2 km ma il presidio del corto raggio (3-10km) è significativo e crescente (oltre il 40% dei viaggi)". Si usa inoltre la bici con regolarità e per spostamenti di lavoro/studio o tempo libero. Scelgono il pedale soprattutto gli uomini (60% gli spostamenti “maschili”), le classi di età più mature (22,7% gli spostamenti “over 65”), chi abita al Nord (Nord-Est in particolare) e nei piccoli e medi centri.
Ai dati di Isfort si sommano quelli del "1° Rapporto sull’economia della bici in Italia e sulla ciclabilità nelle città", realizzato da Legambiente, secondo cui a salire in sella sono quasi esclusivamente gli italiani che vivono al Nord. "Almeno il 15% della popolazione di Cremona, Rimini, Pisa, Padova, Novara e Forlì utilizza quotidianamente la bici per i propri spostamenti. Poi ci sono ancora Ravenna, Reggio Emilia, Treviso e Ferrara con percentuali di abitanti che preferiscono il manubrio al volante che oscilanno tra il 22% e il 27%. Per arrivare infine al top di Pesaro e Bolzano, dove circa un abitante su tre pedala per raggiungere il luogo di lavoro o di studio", si legge nel rapporto. "Tra le grandi città si distingue Milano, dove lo sviluppo del sistema dei trasporti pubblici, l’introduzione dell’Area C, la rifunzionalizzazione di alcuni spazi è stata accompagnata dalla crescita della ciclabilità (oggi il 6% dei milanesi si sposta in bici), mentre Roma è in coda al gruppo: nella Capitale solo 5 persone su mille usano la bici".
L'auto l'unica alternativa fuori città
Secondo l'Isfrot, l'auto resta l'unica soluzione se si vive fuori città con l'85% degli italiani che la scelgono. "Nello specifico la forbice più significativa interessa l’ampiezza dei comuni di residenza: nel 2016 l’indice ha sfiorato il 50% nelle aree urbane maggiori (con oltre 250mila abitanti) mentre si è fermato a meno della metà (22,9%) nei comuni più piccoli o a poco più della metà (27%) in quelli piccolo-medi (10-50mila abitanti). Da sottolineare che il gap è cresciuto moltissimo dal 2001, per l’effetto congiunto della caduta verticale dell’indice nei piccoli centri (quasi 11 punti nei comuni fino a 10mila abitanti) e la leggera crescita nelle grandi città. Meno evidenti le differenze del tasso di mobilità sostenibile, invece, tra le circoscrizioni territoriali; l’indice è diminuito ovunque tra il 2001 e il 2016 con una tenuta solo nelle regioni del Centro".
“La vera partita da giocare non è tanto tra taxi e Uber, un fenomeno importante ma di nicchia, ma sulla creazione di una rete di trasporto efficiente e sostenibile al di fuori dei centri storici delle grandi città e nelle periferie. Potenziando il trasporto su gomma, creando corsie preferenziali e costruendo parcheggi nei punti di snodo”, commenta Carminucci.