AGI – Adam Neumann, 43 anni, il discusso founder di WeWork, è tornato. Dopo essere stato estromesso nel 2019 dalla società di coworking (ad un passo dalla quotazione in borsa) che aveva creato, nonostante un ricco cachet come consulente, Neumann ha tirato fuori dal cilindro Flow, una startup del settore immobiliare (affitti stavolta). A pochi mesi dalla sua costituzione è arrivata la benedizione, leggasi round, di Andreessen Horowitz (a16z), tra i fondi di venture capital più grandi del mondo, sicuramente il più importante degli Stati Uniti.
Come riporta il New York Times, Marc Andreessen ha investito 350 i milioni nella nuova società di Neumann, spingendo il numero dei finanziamenti ricevuti al primo round oltre il tetto del miliardo. Tirando una somma, Flow è già un unicorno. E la sua attività (appartamenti da affittare a remote worker, ma non se ne sa molto altro) non inizierà che nel 2023. Di certo c’è che Neumann avrebbe già acquistato oltre 3 mila appartamenti tra Fort Lauderdale, Miami, Atlanta e Nashville, che saranno gestiti in affitto dalla startup.
Neumann c’è
Dunque, attività immobiliare per remote worker. Un WeWork parte seconda, magari declinata in chiave post-Covid? È presto per dirlo. WeWork, azienda che trasformava gli edifici in spazi di lavoro collaborativi, forniva infrastrutture, servizi, eventi e tecnologia alle aziende e aveva raggiunto una valutazione di 47 miliardi a gennaio 2019, raccogliendo 8,4 miliardi di dollari da quando nel 2010 venne fondata da Adam Neumann, insieme a Miguel McKelvey, contribuendo al suo rapido decollo grazie a un’audace vision imprenditoriale, al suo carisma personale e a una sfacciata assunzione di rischi, trasformandola in una delle startup made in Usa più stimate e invidiate.
Tra i suoi investitori ci sono stati SoftBank, Benchmark, T. Rowe Price, Fidelity, Goldman Sachs. La società con sede a New York aveva raddoppiato i suoi ricavi dagli 886 milioni di dollari del 2017 ai circa 1,8 miliardi del 2018, con perdite nette che però hanno toccato anche quota 1,9 miliardi. A pochi mesi dallo sbarco a Wall Street Neumann inizia a vendere le sue azioni. Un campanello di allarme risuonato nei piani alti della della società.
Oltre agli eccessi di Neumann che hanno iniziato a circolare sui quotidiani e ai debiti accumulati dalla compagnia, gli investitori che in Borsa che dovevano scommettere su WeWork sono diventati sempre più scettici sulla formula (leggasi modello di business) che lo stesso Neumann aveva fatto funzionare bene: il suo porre l’accento sul fatto che la società è molto più di una società immobiliare, rappresentando una sorta di trampolino di lancio per molte startup e meritava di essere valutata secondo le quotazioni normalmente riservate alle società tecnologiche.
Da qui alla manovra che a settembre 2019 gli costò il posto, a un passo dalla quotazione in borsa. Che c’è comunque stata. Due anni dopo però e con una valutazione della società di 9 miliardi di dollari, non i 47 del 2019, quando era una delle startup di maggiore valore al mondo.
Un personaggio come Adam Neumann non poteva passare inosservato neanche al mondo della fiction. Capriccioso, eccentrico (camminava a piedi nudi in ufficio), un jet privato (nel 2018 avrebbe acquistato un Gulfstream G650 per 60 milioni di dollari utilizzando i soldi della società, riferiva il Wsj), camicie di cotone da oltre duecento dollari, vizi di ogni tipo, Neumann e la sua storia sono stati anche i protagonisti di una serie TV sviluppata da Apple TV+ con Jared Leto nei panni di Neumann dal titolo “WeCrahsed” (“Ci siamo schiantati”).
Un vita da serie tv: è tornato Adam Neumann, il visionario di WeWork